Chiunque ami la Calabria ne deve denunciare i guasti e le relative responsabilità. Io che non sono un leader, ho deluso più volte Giacomo Mancini che per stima forse eccessiva e per affetto mi invitava a tornare a Cosenza per “fare politica” – e fare politica significa farsi conoscere e giudicare dalla gente. Mancini ebbe ragione di fronte alle mie titubanze a dire “che avevo sbagliato tutto perché per amicizia nei confronti dell’on. Antonio Caldoro, deputato amatissimo a Napoli e provincia, membro della Direzione nazionale del PSI, avevo finito con il fare politica a Napoli e Caserta, senza chiedere mai di essere candidato a qualcosa.
Giacomo, parlando con Guido Martini addetto commerciale all’ambasciata di Parigi, comune amico, si chiedeva “ma che cavolo c’entra un cosentino con Napoli?”.
Caldoro troppo pigro o molto saggio mi aveva lasciato molto spazio perché lo sostituissi ogni volta che occorreva fare un comizio o una riunione di partito anche fuori della Campania. E a me bastava. Il mio debutto fu l’8 dicembre – festa della Madonna (non un caso) a Livorno. Per il PCI c’era Giuliano Pajetta, fratello di Giancarlo, per la DC l’on. Franco Foschi, una persona per bene come la stragrande maggioranza della classe politica poi maciullata da Mani pulite, ed infine il sottoscritto, un 25enne (semi) sconosciuto che sembrava destinato a fare la vittima sacrificale tra due protagonisti difronte a 5000 persone.
Non fui il vaso di coccio tra due vasi di ferro.
Vi chiedo scusa per questa presuntuosa autocitazione biografica.
Ma c’è un motivo: se avessi veramente voluto tentare di fare qualcosa di utile alla mia città natale in particolare avrei dovuto darle qualcosa di più anche mettendo a frutto una certa attitudine alla politica che madre natura mi aveva regalato.
Mario Occhiuto, Franz Caruso, i politici o pseudotali che ho conosciuto e frequentato in questi anni grazie alla Fondazione Giuliani mi hanno aiutato a fare anche oggi una pubblica ammenda. Non perché chissà che avrei potuto fare facendo politica, non mi autoesalto, ma come si dice beati monoculi in terra coecorum!
Quindi torniamo all’inizio. Senza una proposta politica nuova che sia costruita passo dopo passo dai cittadini onesti e più disponibili, che abbiano una vita onesta e specchiata da far valere, da docenti, da impiegati nella pubblica amministrazione, da intellettuali con la mente libera da pregiudizi ma ricca di idee e di buona volontà, da lavoratori semplici ma senza padroni e soprattutto da giovani che non vogliono sprecare la propria vita facendo 10 “vasche” al giorno a Corso Mazzini (io parlo di Cosenza ma penso a tutta la Calabria) o facendo lavoretti malpagati e precari, senza di loro la Calabria muore. Cosenza muore anche perché già oggi è “pallida” e spenta come uno che non sta affatto bene in salute.
Ma anche se molti di quelli che ho citato cedono al fatalismo e al timore di un gruppone di drogati dalla pratica o dall’illusione del potere, se i migliori lasciano questa terra perché capiscono che le loro capacità, i loro meriti, le loro competenze sono un fastidio perché il clientelismo e il nepotismo hanno bisogno di mediocri, qui più che nel resto del Paese, sud compreso allora aspettiamoci il peggio.
In fondo esco dalla storiaccia di quattro cialtroni traditori che hanno occupato e di fatto ucciso con marchette e banalità un progetto civico e culturale ambizioso e riuscito costruito a Villa Rendano certo più incazzato e determinato di prima ma soprattutto più consapevole che darla vinta a cialtroni esecutori di un disegno criminoso – di questo trattano le denunce penali che non sono state affatto cestinate – e ai loro mediocri e ridicoli mandanti o complici sarebbe un nuovo e più grave errore tra i molti che costellano la mia vita pubblica e personale.
Ho poco tempo, ho la salute malferma, ho limiti legati alla mia normalità, ma proverò a fare in modo che I Nuovi Calabresi sia più ricco di denuncia politica, senza etichette e settarismi. Il modello resta quello di cittadini che senza timori e con molta generosità si impegnano a beneficio della propria comunità. Il libro che presenteremo a giugno faremo in modo che sia utile a tutti i calabresi, ai non calabresi ma amanti di questa terra, a tutti coloro che non accettano che una parte d’Italia sembri una colonia, mi verrebbe da dire, “penale”.