Avevo preparato un articolo sul tema spinoso che investe i magistrati, in particolare quelli inquirenti, per intendersi quelli che lavorano in Procura e decidono se chiedere al gip di processare o no coloro che sono stati sottoposti ad indagine.
Tra di loro la questione dominante è se prevalgono i garantisti, quelli che pensano che un di più di prudenza prima di devastare la vita delle persone non guasti mai, o se prevalgono i colpevolisti, detti anche “manettari”.
In genere quando tra gli indagati e arrestati in attesa di processo ci sono colletti bianchi, un modo per dire che contano più di un comune cittadino, prevalgono i garantisti e i maxigarantisti, quelli cioè che dopo due condanne in primo e secondo grado dicono che bisogna aspettare che si pronunci pure la Cassazione. In astratto si chiama “presunzione di innocenza”, in realtà è differimento di anni, forse a tempo indeterminato, del giudizio che ti manda libero alla vita di sempre o ti spedisce in galera, dove peraltro puoi sempre contare su sconti di pena, permessi premio e gli arresti domiciliari più comodi e con il tempo di libertà per fare la spesa, andare dai medici e anche fare qualche bisboccia al ristorante, senza farti notare.
Ma l’articolo che avevo scritto non mi convinceva perché amo partire sempre da casi concreti, non discettare come un santone o come un logorroico inguaribile.
Avrei potuto citare il caso Travaglio, il principe dei manettari, con solide fonti informative nelle diverse procure italiane – l’esegeta di Mani Pulite che a sua volta aveva due manettari confessi, Di Pietro e Piercamillo Davigo, a loro volta da inquirenti diventati inquisiti e processati.
Dalle ripetute apparizioni televisive e dall’ultima intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, una testata che non lascia dubbi sulla sua collocazione sul versante dei manettari, sembra, in realtà è un giudizio diffuso, che tra i colpevolisti ci sia anche il superprocuratore Gratteri. In Calabria s’è guadagnato la stima di quasi tutti, per maxiprocessi e per retate che hanno fatto un po’ di pulizia tra gli ’ndranghetisti. In questo caso pochi amerebbero che lo si chiamasse manettaro. È un’icona che tra libri e presenze in televisione alimenta la sua popolarità che è un bene prezioso per tutti e lascia intendere che la sua permanenza alla guida della Procura di Napoli non sia la tappa finale di una brillante carriera.
Ma oggi mi è venuto in soccorso per rimettere mano all’articolo già scritto, che non mi soddisfaceva, una bella, ripeto bella, notizia. Il Procuratore aggiunto di Milano – il numero due, non un sostituto qualsiasi – è stato deposto dalle funzioni dal CSM (e questa è una notizia che di rado viene dal cosiddetto Autogoverno delle toghe, per molti il Santo protettore dei magistrati non sempre specchiati) perché il suddetto Aggiunto di nome Fabio De Pasquale ha dimostrato “assenza dei prerequisiti di imparzialità ed equilibrio e nell’avere reiteratamente esercitato la giurisdizione in modo non obiettivo ed equo nel Processo ENI-Nigeria”. Hai detto briscola!
Noi siamo convinti che De Pasquale sia un manettaro a prescindere e sospettiamo che abbia osato troppo processando l’ENI che è più potente di ogni governo, perché gestisce rapporti con decine di Paesi fornitori di energia non sempre nel rispetto della trasparenza (improbabile se vuoi avere petrolio e gas).
In realtà De Pasquale ha da molto tempo una fissa: prendersela con l’ENI, che non è una mammoletta, e soprattutto con il suo presidente pro tempore.
C’è infatti un precedente tragico nella carriera di De Pasquale, al tempo di Mani Pulite e seguente: l’arresto del presidente vicino al PSI Gabriele Cagliari che si tolse la vita a San Vittore dopo 134 giorni di carcerazione preventiva. De Pasquale aveva detto all’imputato che, come suo diritto, gli avrebbe concesso gli arresti domiciliari, ma il magistrato preso dalla voglia di andare subito in vacanza lo lasciò in galera inducendo il prigioniero a togliersi la vita con una busta di plastica che gli impediva di respirare.
La notizia arrivò mentre con l’Amministratore delegato di FS Lorenzo Necci e il sottoscritto eravamo all’aeroporto di Parigi per tornare a Roma dopo un incontro con i vertici delle Ferrovie francesi. Ricordo il volto di Necci stravolto e bianco come un cencio. Era amico di Cagliari e sapeva che era stato arrestato come vittima sacrificale da offrire alla follia collettiva e liberticida di quel tempo. Lo stesso Necci avrebbe provato l’onta del carcere a La Spezia tornando da una visita ufficiale in Gran Bretagna, inconsueta per un non politico istituzionale, alla quale avevo partecipato anch’io.
Il soggiorno in carcere era del tutto infondato e infatti le accuse che l’avevano “ingabbiato” non sfociarono mai in un processo. Era stata solo una manovra per farlo fuori dalle FS e soprattutto impedirgli di candidarsi a Sindaco di Roma e quindi scegliere la politica come sua opzione primaria.
Da allora De Pasquale è stato uno dei simboli del più cinico manettismo e il processo contro l’ENI finito in una bolla di sapone dopo milioni di euro buttati al vento per cercare prove inesistenti è stata non la sua consacrazione ma il suo de profundis da magistrato manettaro.
Confido che ce ne siano anche altri candidati a essere onesti, amanti delle verità accertate e provate, non lassisti e non belve assettate di sangue. Vi garantisco che ce ne sono tanti nelle Procure italiane che alimentano campagne mediatiche persecutorie in gran parte infondate, ma che assicurano notorietà, citazioni in tv e sui giornali, perché buona parte di noi italiani, non tutti “brava gente”, confermano le parole dette dal vecchio segretario socialista Pietro Nenni con la sua bonarietà romagnola che “gli italiani vorrebbero che per ogni cittadino ci fossero disponibili due carabinieri (per sicurezza)”. Poi dai Carabinieri amati e stimati da tutti siamo passati ai magistrati manettari. Ma neanche questo basta a chi vede delinquenti dappertutto e non si fida di nessuno.
2 Comments
Con mani pulite, la magistratura ha acquisito un potere enorme. Ormai è diventato quasi un cancro della cosiddetta repubblica di Arlecchino!
Complimenti, pura verità.