TRIBUNALE CIVILE DI ROMA
N.R.G. 58828/2022, Giudice dott.ssa Monica Pigotto
NOTE DI TRATTAZIONE SCRITTA IN SOSTITUZIONE DI UDIENZA 16.09.2024
Per il convenuto PELLEGRINI FRANCESCO contro l’attrice FONDAZIONE “ATTILIO ED ELENA GIULIANI – ETS”
A precisazione e documentazione delle domande, eccezioni, conclusioni, comunicazioni orali e scritte già prodotte e in atti, il convenuto Pellegrini Francesco, come in atti rappresentato e difeso, deduce quanto segue:
Sul punto, in sintesi, le argomentazioni di controparte sono: “Nella riunione del CdA del successivo 20 aprile 2021 (doc. 7 – Verbale CdA_20.04.2021) tale problematica veniva portata all’attenzione del consiglio della Fondazione, che – sempre su insistente proposta del Presidente Francesco Pellegrini – bocciava il n. 0 del mensile proposto dal Nicaso e dava mandato alla consigliera Linda Catanese, subentrata in qualità di amministratore unico della Calavrìa Editrice unipersonale S.r.l., di concordare con Nicaso la predisposizione di un nuovo numero 0 del mensile Calavrìa. Il CdA si limitava a prendere atto del nuovo piano dei costi e ricavi”.
Va precisato che non esiste una norma giuridica che ci dica cos’è la presa d’atto. Quello che è certo è che si tratta di un istituto che si applica esclusivamente nella sfera del diritto amministrativo, e non in altri ambiti. La presa d’atto non è comunque nemmeno riconducibile formalmente alla categoria del provvedimento amministrativo, in quanto non presenta le caratteristiche proprie di quest’ultimo.
Un Consiglio di amministrazione approva o boccia una decisione. Non esiste una formulazione intermedia, che non sia al limite il rinvio della decisione perché si ritiene che non sussistano tutte le informazioni adeguate per prendere la decisione Prenderne atto, di conseguenza, vuol dire in un consiglio di amministrazione condividere i contenuti della deliberazione portata a consapevolezza dei componenti del consiglio.
Se fossero sussistite le ragioni per bocciare la proposta in tale modo si sarebbero dovuti comportare i consiglieri di amministrazione, oppure avrebbero dovuto chiedere rinvio del voto per un supplemento di istruttoria finalizzato ad acquisire elementi considerati mancanti. Cosa che non è accaduta. La presa d’atto è quindi una approvazione sostanziale della decisione valutata, senza che si manifesti per questa ragione una convinta adesione.
Usando una espressione adeguata potremmo parlare di voto favorevole “timido”, in questo caso motivato dalla bocciatura sostanziale del progetto presentato dall’avvocato Pellegrini, che certamente poteva avere motivi di rammarico per il fallimento della sua progettualità.
«Preso atto che» è la formula utilizzata per indicare che la pubblica amministrazione registra un dato che è posto al di fuori dell’ente, ma che viene acquisito per la decisione senza che l’organo compia alcuna valutazione in merito allo stesso. Al di fuori del contesto del diritto amministrativo non è possibile ricorrere all’istituto della press d’atto.
Occorre quindi di converso definire cosa sia una tale formulazione in una organizzazione not for profit.
È evidente che nel caso di un consiglio di amministrazione del Terzo Settore una presa d’atto equivale ad una piena adesione alla proposta formulata. Difatti il diniego può solo essere espresso in modo pieno e diretto, senza formule allusive che non hanno alcun valore dal punto di vista della formulazione di diritto, non essendo nel perimetro del diritto amministrativo.
Il provvedimento, infatti, è il solo atto idoneo a «manifestare all’esterno» la volontà della pubblica amministrazione e a incidere unilateralmente nella sfera giuridica del destinatario, modificando, estinguendo o costituendo una situazione giuridica soggettiva.
Se nel linguaggio corrente si usa l’espressione “prendere atto di qualcosa” e in questo senso si intende dire che un determinato atto o fatto deve essere considerato come acquisito e posto come elemento “certo” sul quale fondare successive decisioni, sul piano giuridico, la presa d’atto è riconducibile ad un atto di tipo ricognitivo o un atto di conoscenza, che svolge la finalità di attestare o accertare un fatto o un atto giuridico (si pensi ad una determinata sentenza o una decisione di un altro soggetto, sia esso un provvedimento o un contratto). Può qualificarsi, quindi, come una mera attestazione, o dichiarazione di scienza, circa l’esistenza di un provvedimento che rientra nella competenza di altri. Tanto che, nel diritto amministrativo, la conseguenza è che la presa d’atto non produce effetti diretti (lesivi) nei confronti del destinatario dell’azione amministrativa e pertanto non è immediatamente e autonomamente impugnabile dinanzi al giudice amministrativo (per impugnare l’atto che formalmente contiene la presa d’atto bisognerà dunque attendere il provvedimento definitivo della pubblica amministrazione).
Controparte ricostruisce nel modo seguente il percorso che conduce al cambio della governance: “Veniva convocata una nuova riunione del CdA della Fondazione per il 30 maggio 2022 con, all’ordine del giorno, tra le altre cose: – approvazione del bilancio consuntivo 2021; – resoconto sulle perdite registrate dai titoli presso UBS; – trasferimento della sede de “I Calabresi”, sia della redazione sia dei collaboratori non direttamente interessati all’area museale, nel magazzino di proprietà della Fondazione succitato (doc. 8 – Avviso convocazione CdA del 30.05.2022). Nel corso della riunione, il Presidente presentava il progetto di bilancio consuntivo 2021 nonché la relazione sullo stato delle perdite registrate dai titoli presso UBS, nei quali era investito tutto il patrimonio mobiliare della Fondazione, ammontante all’epoca a circa 7 milioni di euro (doc. 9 – Report UBS)”.
In questo caso siamo nell’area delle argomentazioni incredibili. Chi aveva deciso le politiche di investimento finanziario negli anni precedenti? Chi intratteneva in via esclusiva il rapporto con UBS per la gestione del portafoglio finanziario della Fondazione?
§Controparte stendendo un opportuno, pro domo sua, velo pietoso sulla disponibilità delle leve gestionali per la dotazione finanziaria della Fondazione, conduce “dotta” dissertazione sulle vicende dalla rivista, che si conclude con la presa d’atto, e quindi con la adesione, sul progetto per come era stato presentato dal Presidente, sfumando tutti i toni circa il soggetto che ha tenuto le fila della struttura finanziaria della Fondazione, il cui destino è sempre stato legato dal fondo di dotazione che costituiva la garanzia essenziale per il funzionamento.
Francesco Pellegrini non aveva mai avuto alcuna possibilità di gestire i rapporti con il soggetto che aveva assunto la titolarità della liquidità finanziaria della Fondazione. Chi aveva deciso di accettare il mutamento di profilo dell’investitore da “prudente” a “mediamente rischioso”, profilo che peraltro non è compatibile con la missione di un ente che deve preservare il capitale assegnato utilizzando i proventi della gestione finanziaria per realizzare le sue iniziative statutarie?
In allegato si produce la documentazione che dimostra chi è stato il soggetto a detenere la titolarità unica del rapporto con UBS. (all. n1)
Esercitando la delega che era stata decisa dal Consiglio di Amministrazione, nella sua seduta del 19 febbraio 2021, era l’avvocato Mungari a stabilire l’allocazione in investimento delle risorse finanziarie che costituivano il patrimonio della Fondazione. Tali decisioni erano poi inviate alla firma del Presidente.
Il peggioramento verticale dei conti della Fondazione dipende soprattutto dal deterioramento grave della sua struttura finanziaria, più che dalle scelte gestionali adottate sulle singole iniziative correnti. Non è un caso che controparte eviti di affrontare un tema spinoso che è il cuore del deterioramento della situazione economica. Stupisce che la due diligence effettuata non affronti per nulla tale aspetto. O, piuttosto, non stupisce affatto.
Nella riunione del 30 maggio 2022, si legge: “Il Consigliere Santo Emanuele MUNGARI prende la parola per commentare la gestione degli investimenti. Il Consigliere fa riferimento al Verbale del Consiglio di Amministrazione del 20 aprile 2020, in cui gli si dà mandato di procedere, sottoscrivendo i fondi, in continuità con l’investimento precedente del Fondatore Dott. Sergio Giuliani”.
Peraltro il profilo da investitore della Fondazione non era coerente con le caratteristiche istituzionali dell’ente, che consigliano di aderire ad investimenti con basso profilo di rischio, mentre invece in portafoglio erano presenti titoli ad elevato grado di rischio che poi hanno risentito della forte instabilità finanziaria intervenuta sui mercati dopo le turbolenze derivanti dalla guerra russo ucraina.
Tutto ciò è unicamente imputabile a responsabilità del Consigliere Santo Emanuele Mungari!
È opportuno, inoltre, condurre qualche precisazione considerando anche le determinazioni assunte dall’attuale governance della Fondazione in ordine ai fondi di investimento, loro liquidazione e reinvestimento con altro gestore e alla sospensione del giornale on line “i Calabresi” e alla liquidazione della SrL Calavria editrice, interamente posseduta dalla Fondazione.
In data 7 luglio 2023 il consiglio di amministrazione della Fondazione Attilio ed Elena Giuliani – Onlus ha approvato il bilancio consuntivo della Fondazione stessa per l’anno 2022. L’atto è stato firmato dal nuovo consiglio di amministrazione che si è insediato in data 17 giugno 2022 e che si è chiuso con una perdita pari ad euro 1.504.871. Gran parte di questa perdita è da ricondurre a due aspetti in particolare.
Chiusura Società partecipata “Calavria Srl” con realizzo di una minusvalenza pari ad euro 307.50
La Fondazione, con il nuovo CdA, ha deciso di interrompere il progetto “ICalabresi”, consistente in una testata online, realizzato per il tramite della società unipersonale Calavria Srl, interamente partecipata dalla Fondazione. Il CdA ha deliberato di non coprire le perdite registrate da Calavria Srl e, di conseguenza, la società è stata sciolta e poi posta in liquidazione Le motivazioni indicate nella relazione di gestione, sono riconducibili esclusivamente alle ingenti risorse investite nel corso dei primi due anni di vita della testata, che hanno provocato soltanto perdite per la società.
Ora questa motivazione lascia molto ’ perplessi, soprattutto per quello che riguarda la tempistica di questa operazione. La scelta di puntare sulla creazione di una testata giornalistica per realizzare una fonte di reddito per la Fondazione, nel momento in cui viene condivisa, parte da due presupposti fondamentali.
Il primo è che il valore della testata non è di facile e diretta individuazione. Questo non può essere ricondotto ad un mero fattore economico, in quanto questo è legato anche da tutta una serie di fattori esterni ed immateriali, quali la capacità della testata di influire sull’opinione pubblica, sia questa in campo politico o in campo sociale. Oltre al capitale umano impiegato dalla redazione della testata, che, se particolarmente apprezzato, influisce in maniera positiva sul numero dei lettori.
Il secondo è che per poter far crescere e far affermare una testata, cercando di incrementare la sua diffusione, in modo che riesca a produrre ricavi, è necessario fare un notevole investimento iniziale. E questo comporterà l’invitabile realizzazione di forti perdite iniziali. Sono quelli che potremmo chiamare costi di avviamento e che si protrarranno per almeno due anni. Nel terzo anno, considerando il consolidamento della testata ed il progressivo aumento dei lettori, inizieranno ad aumentare anche i ricavi derivanti dalla pubblicità online, dalla sottoscrizione di abbonamenti da parte dei lettori e di eventuali sostenitori. Inoltre non va trascurata nemmeno l’entrata potenziale da contributi pubblici, a cui la testata può accedere dopo due anni di vita. Nella creazione di un business plan di una testata giornalistica, quindi, a seguito delle perdite importanti da registrare nei primi due anni di vita, negli anni successivi si registra un potenziale pareggio nel terzo anno ed un reddito dal quarto anno in avanti. Tenendo presente che nelle testate online i costi sono soprattutto classificati come costi fissi, mentre quelli variabili sono in genere trascurabili, abbiamo un ulteriore elemento che depone a favore della testata online. Questo deriva dal fatto che la suddivisione in fissi e variabili ci permette di stimare la leva operativa, che individua il grado di traslazione di una variazione dei ricavi sul risultato operativo, proprio in funzione della ripartizione dei costi operativi in fissi e variabili. Ciò esprime anche la scalabilità del modello di business, proporzionale ai costi fissi che, se da un lato innalzano il punto di pareggio tra costi e ricavi operativi, dall’altro consentono, una volta che tale pareggio è stato raggiunto, di assistere ad una traslazione molto più elevata dei maggiori ricavi sul risultato operativo. Non dobbiamo dimenticare, infine, che una testata online ha vantaggi enormi rispetto all’editoria tradizionale sia per le caratteristiche spazio – temporali completamente diverse (le testate online sono accessibili ovunque ed in qualunque momento). Ha una scalabilità impensabile per le testate tradizionali, intendendo, per scalabilità, la possibilità di aumentare la tiratura (in questo caso meramente virtuale) istantaneamente e senza limiti, anche di tipo geografico, con costi addizionali quasi nulli. Se un quotidiano cartaceo volesse raddoppiare la propria tiratura, dovrebbe stampare il doppio delle copie e curarne la distribuzione. Per la testata online l’operazione è immediata e priva di vincoli fisici. Non serve la carta e l’inchiostro, non serve la tipografia e nemmeno la catena distributiva.
Alla luce di tutte queste considerazioni sull’argomento, ci resta difficile comprendere le motivazioni che hanno indotto a interrompere questa iniziativa imprenditoriale nel momento in cui potenzialmente questa stava iniziando a produrre ricavi. E, soprattutto, dopo che aveva già sostenuto la maggior parte dei costi di avviamento della testata. Poteva essere valutata l’opzione di aprire all’ingresso di nuovi azionisti, poteva essere deciso di “stringere i denti” e continuare ad investire nel progetto, ovviamente affiancando un’attenta valutazione affinché quello che la dottrina prevede, effettivamente si verifichi (anche se l’incremento del numero dei lettori già lo stava confermando). Fermarsi e consolidare la perdita lascia eufemisticamente dubbiosi.
Minusvalenze da alienazione titoli dell’attivo circolante per euro 618.605
Il nuovo CdA della Fondazione, per garantire una maggiore sicurezza ed affidabilità dei fondi e dei titoli che ha trovato in carico alla Fondazione stessa, ha deciso di interrompere i rapporti con Banca UBS (vecchio gestore del patrimonio finanziario), aprendo un nuovo conto corrente presso Banca Fideuram ed affidando a quest’ultima la gestione del patrimonio finanziario. Questo ha comportato lo smobilizzo di tutto il patrimonio da Banca UBS, realizzando le minusvalenze riportate nel bilancio 2022.
La premessa doverosa da fare su questo aspetto riguarda l’anomala struttura della Fondazione, rispetto ai modelli di funzionamento tipici del settore. Una Fondazione, infatti, per avere un assetto equilibrato dovrebbe avere un’adeguata dotazione patrimoniale che possa generare interessi utili a coprire in parte, se non tutti, i costi di gestione. Questi interessi, insieme agli altri introiti delle attività svolte (donazioni, servizi alla comunità, ecc. ecc.) fanno si che la Fondazione possa raggiungere i propri obiettivi di missione e che l’attività possa essere stabile nel tempo. Quindi la logica degli investimenti nelle Fondazioni, o in generale nelle imprese del Terzo Settore, non deve essere mirata a guadagnare e generare dividendi per gli azionisti, ma deve essere volta alla tutela del patrimonio facendolo crescere con prudenza nel tempo. La Fondazione, invece, per anni, fino a quando il fondatore è stato in vita, aveva un modello di gestione tutto suo, in contrasto rispetto ai modelli di funzionamento tipici del settore. Il capitale di dotazione, infatti, era rimasto nella titolarità del fondatore, presso la Banca UBS, fino alla sua esistenza in vita. Era quest’ultimo che assegnava il capitale necessario attraverso una donazione alla Fondazione stessa. Una volta deceduto il fondatore, da successione, i titoli nella sua disponibilità, sono stati trasferiti sui conti della Fondazione. Inizialmente, su proposta di Banca UBS, è stato deciso di mantenere lo stesso profilo tenuto dal fondatore, anche perché nel corso del tempo, aveva garantito comunque dei rendimenti. Il profilo di rischio non era proprio in linea con le caratteristiche istituzionali dell’ente, ma la consapevolezza di dover rimodulare il tipo di investimento era ben presente all’interno della Fondazione. Tant’è che nel tempo è stata variata, anche se in piccola parte, la composizione degli investimenti, cercando di spostarsi su attività a basso profilo di rischio. Purtroppo l’avvento della guerra nel febbraio 2022 con l’invasione Russa in terra Ucraina, ha creato una forte instabilità finanziaria ed il crollo dei mercati, facendo registrare perdite di valore degli investimenti effettuati.
La cosa che stupisce di questa manovra, non è tanto la motivazione del profilo di rischio adottato per la gestione patrimoniale della Fondazione, che è condivisibile. Ma la decisione improvvisa di chiudere tutti i rapporti con il vecchio gestore finanziario (Banca UBS), consolidando così la perdita registrata fino a quel momento, per trasferire tutto il patrimonio finanziario ad un altro gestore finanziario (Banca Fideuram). Non ci sono particolari colpe da imputare a Banca UBS, che negli anni passati aveva sempre permesso di registrare dei rendimenti. La guerra in Ucraina è stato un evento impossibile da prevedere, ma che ha scombinato tutti i mercati finanziari. Sembra che il nuovo CdA abbia adottato una logica di “stop loss” tipica di trader che investono sul mercato finanziario, più che gestori di un patrimonio di una Fondazione. Quindi sfugge la ratio della scelta con la quale si decide di andare da Banca Fideuram, consolidando le perdite ed impattando in maniera importante sul bilancio della Fondazione. Su questo aspetto, nella relazione di gestione, non ci sono spiegazioni se non frasi di circostanza che non aggiungono niente di nuovo a quanto non facesse il vecchio gestore finanziario.
Asserisce controparte: “L’ex Presidente Francesco Pellegrini – senza averne il potere e senza essere autorizzato, in violazione delle norme di legge e di statuto – ha trasferito alla Calavria Editrice S.r.l. ulteriori euro 160.000,00 per coprire “perdite” che la società continuava a registrare”.
Niente di più falso!
Con l’approvazione del bilancio preventivo per il 2022, deciso nella riunione del Consiglio di Amministrazione del 15 dicembre 2021, il CdA approva la prosecuzione dei costi connessi all’esercizio del giornale I Calabresi.
Nel verbale della riunione sono esplicitamente indicati i costi per i giornalisti e per i collaboratori. Non può quindi ritenersi che i componenti del Consiglio non fossero consapevoli del contenuto dei costi presenti nel bilancio preventivo per il 2022.
Con la approvazione del bilancio preventivo veniva data quindi esplicita autorizzazione al Presidente di operare per la prosecuzione della pubblicazione del quotidiano.
È assolutamente destituita di ogni fondamento quindi la tesi di controparte seconda la quale il Presidente si sia mosso in un ambito estraneo al perimetro delle deleghe che gli erano state affidate, vale a dire l’esecuzione delle decisioni assunte in sede di bilancio preventivo.
Nella illustrazione del bilancio preventivo per il 2022, nella stessa riunione del 15 dicembre 2021, Francesco Pellegrini dichiara “con riguardo alla Calavria Editrice e al quotidiano I Calabresi, il Presidente sottolinea che i costi saranno confermati in riduzione, conformi alle previsioni ma in calo, anche alla luce dei tentativi in corso per aprire un canale di promozione pubblicitaria”.
Tutte le spese sostenute per il giornale I Calabresi erano quindi state approvate dal Consiglio di Amministrazione, prima utilizzando, nel 2021, le risorse che erano state inizialmente stanziate per il progetto editoriale bocciato, e poi in sede di approvazione del bilancio per il 2022, per i costi di gestione della rivista nel corso del 2022.
Tra l’altro merita ricordare che il giornale I Calabresi (sorprendentemente definito “un danno per la Fondazione”) e l’editrice poi sciolta di proprietà della Fondazione Calavria avevano registrato incrementi patrimoniali importanti e in condizione di miglioramento per l’ accesso al mercato pubblicitario nazionale e ai bandi di gara per il. Finanziamento pubblico possibile dal febbraio 2023.
Ulteriormente si asserisce ex adverso: “La Fondazione ha subito un notevole pregiudizio dal contegno dell’ex Presidente Francesco Pellegrini che, in violazione della delibera del 15 settembre 2021, non solo non fittava i locali, ma – avendo di fatto già destinato i locali a favore della redazione del giornale “I Calabresi” – spendeva euro 46.246,00 per far fronte a interventi non autorizzati e comunque diretti a perseguire scopi estranei a quelli della Fondazione”.
L’art. 10 dello Statuto, ai commi 2 e 3, stabilisce che il Presidente – nominato dal Consiglio di Amministrazione tra i suoi componenti e che dura in carica per il tempo di permanenza del Consiglio di Amministrazione che lo ha nominato – “ … ha la rappresentanza legale e istituzionale della Fondazione e ha il potere di compiere atti di ordinaria amministrazione” nonché “ … nell’esercizio delle sue funzioni: a. sovrintende alla realizzazione dei programmi e delle attività della Fondazione sulla base delle linee generali e degli indirizzi deliberati dal Consiglio di Amministrazione; b. amministra il patrimonio e compie tutti gli atti di ordinaria amministrazione che ritenga opportuni per l’attuazione dello scopo fondazionale, esclusi soltanto quelli che il presente statuto riserva tassativamente al Consiglio di Amministrazione; c. sottopone alla decisione del Consiglio di Amministrazione il programma annuale di attività e il compimento degli atti di straordinaria amministrazione; d. propone la nomina o la revoca del Direttore Generale; e. relaziona i «Patrocinatori» sullo svolgimento delle attività; f. predispone il progetto di “bilancio preventivo” e di “rendiconto consultivo” e, qualora vengano a sussistere le condizioni di cui al successivo art. 17.9 del presente statuto, il progetto del “bilancio sociale” di cui all’art. 14 del d. lgs. 3 luglio 2017 n. 117, sottoponendolo all’approvazione del Consiglio di Amministrazione; g. può proporre al Consiglio di Amministrazione la determinazione dell’ammontare dei contributi dei Patrocinatori e le modifiche dello statuto”.
Il Presidente ha delega di spendere sino a 50.000 euro, e comunque di amministrare le risorse entro il perimetro stabilito dal bilancio preventivo approvato dal Consiglio di Amministrazione. L’argomento in questione è per queste ragioni doppiamente specioso, sia perché il costo rientra nelle responsabilità affidate al Presidente sia nel merito della questione relativa alla ristrutturazione degli appartamenti in questione.
Procedere all’uso dei locali era assolutamente impossibile senza procedere alla ristrutturazione degli immobili. Proprio l’intendimento del Consiglio di mettere a reddito questa porzione del patrimonio, deliberato dallo stesso CdA, comportava autorizzazione per l’effettuazione dei lavori, se non intendeva essere una esortazione prima di effettività.
Solo a conclusione dei lavori di ristrutturazione si sarebbe potuta valutare in sede collegiale la migliore utilizzazione di questi locali. Questione che non è giunta a maturazione per effetto delle dimissioni dei consiglieri.
Tra l’altro sarebbe interessante conoscere cosa abbia fatto il nuovo consiglio di amministrazione per mettere a redito l’investimento effettuato dalla precedente gestione. Nel caso di mancato collocamento sul mercato dei locali dopo un considerevole periodo di tempo intercorso- come risulta dall’ offerta di locazione ad oggi non andata a buon fine, va valutata piuttosto la responsabilità patrimoniale dell’attuale CdA, molto puntuale nel tentativo di valutare le responsabilità altrui ma assolutamente lassista nel valutare quello che non sta facendo da quando è entrato nella sua operatività.
Secondo controparte nella selezione delle risorse umane necessarie per la Fondazione sono stati commessi gravi errori dalla Presidenza.
“Il consiglio di amministrazione autorizzava l’ex presidente Francesco Pellegrini solo “ad avviare la selezione di non più di 2 unità di personale con contratto di lavoro e retribuzione da definire”.
“L’ex presidente Francesco Pellegrini, invece, senza autorizzazione e senza alcuna deliberazione di ratifica, assumeva alle dipendenze della Fondazione, a tempo pieno e indeterminato” due risorse.
“L’ex presidente Francesco Pellegrini non aveva il potere di assumere un dipendente senza autorizzazione del consiglio di amministrazione.
La Fondazione, quindi, ha subito un costo non deliberato e/o preventivato per fatto e colpa esclusivi dell’ex presidente Francesco Pellegrini”.
Insomma, secondo controparte il consiglio di amministrazione autorizzava …. senza autorizzazione. Siamo di fronte ad una operazione di vera e propria mistificazione. In ogni organizzazione l’organo di vertice assume la decisione di procedere alla assunzione, e poi delega al responsabile della gestione gli atti conseguenti.
È esattamente quello che è accaduto, sempre con le formule anodine, che nulla valgono, come la presa d’atto di cui si è parlato in precedenza. Il linguaggio delle organizzazioni, tuttavia, non conosce anodine formule per imbrigliare l’autonomia della gestione.
Siamo in questo caso in presenza di una vera e propria misconoscenza dei criteri con il quale funzionano le organizzazioni. Se si intendono porre vincoli alla decisione assunta, li si definisce nella delibera stessa. Riservarsi un secondo passaggio decisionale è assolutamente contrario al principio della delega al soggetto responsabile della gestione.
Questo riguarda la forma. Ma la sostanza è molto più grave, in questo caso.
Intanto va sottolineato che il modello assunzionale della Fondazione nella fase precedente, quando il vertice era affidato al Fondatore Sergio Giuliani e con l’avv. Francesco Pellegrini era caratterizzato dalla presenza di un solo criterio: quello parentale ed amicale, senza alcuna delibera di consiglio di amministrazione applicato dal sig. Walter Pellegrini senza averne titolo ( per il sig Daniele Berselli) e senza lasciarne evidenza , con firme apposte dal medesimo senza titolo o addirittura senza firma alcuna (sig. Filippo Cozza).
In quel caso però tutto filava liscio come l’olio. Rancido.
La governance non è mai la fotografia di un singolo atto, ma la catena conseguenziale di comportamenti nel tempo. Sarebbe bene chiedere all’avvocato Pellegrini i criteri che sono stati seguiti da lui quando sono state effettuate le precedenti assunzioni.
Passando poi alla successiva fase, le assunzioni sono state deliberate dal consiglio di amministrazione mediante un criterio di selezione, che è stato ovviamente seguito, e che non era quello amicale e parentela, bensì – udite, udite – quello professionale. È chiaro che questo indirizzo dovesse gettare nello sconcerto chi era abituato a seguire altri criteri.
A quel punto, seguiti gli indirizzi del Consiglio di Amministrazione, è inverosimile pensare che il Presidente, dotato di poteri di gestione nell’ambito del budget, dovesse ritornare in consiglio, per perfezionare le assunzioni. Coerentemente, invece di affidare ad un Presidente la gestione, si poteva delegare questo compito ad un citofono.
Quella che va valutata è la qualità delle assunzioni, il meccanismo con il quale è stata gestita la selezione, la coerenza rispetto agli obiettivi della Fondazione, Esattamente quello che non era accaduto nella precedente fase gestita dall’avvocato Pellegrini: basterebbe verificare i curricula ed i gradi di parentela.
Anche in questo caso, stranamente, la due diligence, ordinata con tale sagacia fustigatoria, nulla dice. Eppure sarebbe stato interessante valutare le differenze nei modelli di gestione, per capire anche quali debbano essere i comportamenti nel prossimo futuro, A meno che non si intenda tornare all’antico nei criteri di scelta delle risorse umane. Anche questa è una scelta.
Le due assunzioni, passate per scelta del Presidente dal CdA sono state focalizzate ad avviare attività produttive per la fondazione, in termini di missione e di sviluppo dei ricavi.
In particolare ci si riferisce a quella della dott.ssa Anna Cipparrone, che ha fatto crescere il posizionamento di Consentia Itinera (e le tante iniziative ludo-didattiche collegate), con una qualità meritevole a tal punto da essere inserito con Decreto Ministeriale nel “Registro nazionale dei musei”.
La stessa Anna Cipparrone ha promosso poi collaborazioni con il museo Galileo Galilei di Firenze e molteplici partnership per partecipare a Bandi di gara pubblici vinti. Per effetto di questi positivi risultati la dipendente è stata premiata con una gratificazione pari a 300 euro, decisione poi revocata dal nuovo CdA.
Ovviamente, controparte tace circostanze gravi che, riguardo all’assunzione di personale, si sono verificate ad iniziativa dell’attuale Presidente legale rappresentante della Fondazione sig. Walter Giuseppe Pellegrini, sottoscrittore della citazione.
Sono stati, infatti, assunti due parenti del nominato Walter Giuseppe Pellegrini, solo omonimo dell’odierno convenuto: uno, il genero, dopo aver terminato il periodo di apprendistato è stato assunto non avendone il titolo dal suocero. Non una mera pratica di nepotismo fuori da ogni procedura, ma una fraudolenta iniziativa compiuta in assenza di poteri assunzionali e per interesse privato in danno, questa sì, della Fondazione!
Il nipote del predetto omonimo è stato assunto quasi subito a tempo indeterminato, con contratto in bianco, manca la firma di Francesco Pellegri, manca anche la firma dell’assunto, mentre le competenze in bilanciamento con criteri selettivi sono vicine allo zero.
Queste assunzioni sono avvenute quando la presidenza era nella titolarità di Sergio Giuliani. Mentre Francesco Pellegrini era spesso lontano da Cosenza per ragioni di salute e veniva informato – parzialmente – sempre dopo.