Il 30 maggio 2022 è successo finalmente qualcosa di inedito a Cosenza. Non più le solite retate contro mafiosi da quattro soldi che dopo un mese fanno la fila per candidarsi al ruolo di “collaboratori di giustizia”. Una manna per i pubblici ministeri che con poca fatica si trovano il pranzo servito a tavola, possono occupare mezza pagina dei giornali di carta, on line o fatti di nulla e riacquistare la fama di integerrimi guardiani della legalità.
Sì, ma come la mettiamo con il super procuratore Gratteri che ha detto ai quattro venti che nelle procure in particolare c’è una presenza esagerata di magistrati corrotti? S’è sbagliato Gratteri perché alla Procura di Cosenza ci sono solo figure angelicate? Ma Gratteri ormai visto come superman può mai sbagliare? No, non è possibile perché in un tempo di miscredenti bisogna aver rispetto degli idoli che sono una specie di santi di un gradino più basso dei Beati e due gradini più bassi dei Santi. Per gli Apostoli c’è una classifica d’eccellenza a parte.
E se non tutti, il 90% dei magistrati inquirenti sono come verginelle pudiche e non toccate dal peccato.
Resta a maggior ragione un bel colpo esibire lo scalpo di un mafioso vero o ad honorem, di un paio di pentiti con il cilicio e la voglia di parlare che non riesce a controllare, mentre la gente può finalmente dire che anche a Cosenza regna la più limpida legalità. Non è che si veda chiara e di primo acchito, ma se si guarda con occhi o limpidi da fanciullo o molto miopi da talpa il racconto regge.
Ma questo vuole altre condizioni: che non si tiri fuori la solita menata che con i forti, in genere i meno innocenti, ci si muove con rispetto e circospezione. E che invece con chi sta sulle palle ai suddetti non c’è giornale che ne parli, non c’è Gratteri che ci faccia il sermone seguito da libro firmato da lui e da Antonio Nicaso, non c’è uno straccio di politico o massomafioso che si faccia sentire, ed è ovvio, ma non c’è neppure il barista che ti serve il caffè, che se sente odore di libera opinione si allontana timoroso in direzione di un altro cliente con l’aspetto pacioso di chi si “fa l’affari sua”. Avete presente le interviste fatte dalla tv a cittadini con la coppola siciliana che se gli si domanda ma lei che pensa della mafia? e le risposte, rituali “io sta maffia nna canusciu, un sacciu nente e mi faccio l’affari mia”.
Noi in Calabria siamo diversi. Sino alla Cassazione non ci sono colpevoli, tutti innocenti galantuomini sono. Poi dopo 10 anni se la Cassazione dice che innocenti non sono, ma un supplemento di processo non ci starebbe male, ricomincia il giro e nel frattempo del “malcapitato” passato attraverso 4 o 5 processi se ancora campa si può finalmente dire che è stato vittima di un errore giudiziario.
Tutto questo preambolo per dire che sulla Giustizia italiana è meglio essere guardinghi – evitando per esempio che il giusto apprezzamento per i magistrati che fanno bene il loro lavoro diventi idolatria o devozione come con molte ragioni in più si può vedere a Lourdes dove mi sono recato 22 volte non per chiedere miracoli, ma per ricordare sempre che la sofferenza e il dolore sono gli elementi che ci rendono tutti esseri umani, bianchi, gialli e neri.
Ora torniamo alle sorprese negative e per quanto mi riguarda intollerabili che mi ha riservato la mia città natale.
Non ripeto ciò che ho scritto e denunciato decine di volte.
Quindi non ripeto che avere una classe politica e dirigente men che mediocre non è un lusso che una regione che si avvia alla desertificazione entro il 2050 può tollerare. Se il core de mamma e de papà vò tanto bbene alle creature sua nun po’ vedere figli e nipoti emigrare sempre più lontano – e de solito so li mejo – e falli incaz… a tar punto che de tornà nun ce pensano pe’ gnente.
Ho usato il romanesco perché questo torna ad essere la mia lingua ufficiale visto che a Roma – magari non sempre, preferendo la Maremma – mi tocca tornare. D’altra parte avevo scritto un libro con un titolo profetico “Solo andata” che prefigurava l’impossibilità di tornare nella terra dove sono nato. Un libro letto da pochissimi anche per il boicottaggio dell’editore W. Pellegrini che però sulla sola andata ci aveva scommesso mai immaginando che per i casi della vita il ritorno invece si realizzasse. Erano mesi che mi assicurava che stava sbattendosi tra le agenzie immobiliari per trovare un alloggio in affitto. Arrivati a Cosenza scoprimmo che solo il giorno prima s’era rivolto all’agenzia Gallo di viale Alimena e mia moglie trovò casa da sola al centro in meno di mezz’ora.
Ma siccome questo racconto vuole ripetere o rivelare fatti inediti, ma con linguaggio chiaro sennò non lo legge nessuno la “sorpresa” della nostra comparizione a 200 metri da via Piave WP fu abile a camuffarla. C’era ancora vivente il papà che non avrebbe tollerato la prima di una lunga serie di prese per i fondelli.
Trovai contratti non firmati ma strapagati – non noti a me e non autorizzati – e tagliai dal bilancio 2020 € 125mila. Era l’inizio della pianificazione del colpaccio di Villa Rendano.
Per una reazione che senza citare Freud si chiama “colossale coda di paglia” WP cominciò a costruire una immagine invertita di noi due: lui il probo amministratore ed io – vivente Giuliani che a ragione controllava che con € 200mila di contributo annuo si facessero le nozze con i fichi secchi (avendo spese fisse irriducibili di 160mila euro per la gestione della sola Villa Rendano) -spendaccione libidinoso. S’era solo divertito il mio omonimo a scambiare la sua faccia con la mia.
Scomparso Sergio Giuliani, scomparso il papà Luigi, il piano di scalata ostile poteva accelerare. Bucce di banane ne ha sparse in abbondanza, ma io per sua fortuna le ho scansate.
Aveva rinsaldato il rapporto con Antonio Nicaso designato con il mio accordo direttore di un mensile che a fronte di 6000 copie distribuite in un anno aveva un budget di 193.000,00 (cioè 30mila in più de ICalabresi che in un anno uscendo 7 giorni su 7 aveva raggiunto 2 milioni e mezzo di lettori) e indirettamente con il dott. Gratteri, certo in buona fede.
Ma se tu non hai argomenti, dati, ragioni vere per far cadere il CdA di cui sei membro e liberarti del suo legittimo presidente come fai? Semplice, ti inventi tutto – un passivo enorme tacendo che la Fondazione era nata con un capitale di soli €10.000,00 (diecimila!) e quindi tutte le spese comprese quelle per acquistare Villa Rendano, ristrutturarla radicalmente, per l’allestimento e poi per la creazione di Consentia Itinera erano coperte da Giuliani “con prestiti a lungo termine” – quindi iscritte nelle passività – da sanare come in effetti avvenne con la degnazione della Fondazione ad erede “universale”. Neanche questo è del tutto vero ma questo è – se lo vorrete – solo il primo capitolo di un racconto meno noioso possibile.
C’è un “ma”. Se dopo averlo scritta tutta (si fa per dire) la storia qualcuno osa dire che si tratta di una litigata tra Pellegrini (evidentemente non sa cosa sia e quanto difficile sia fare una Fondazione e un progetto ambizioso e di qualità) lo prendo a calci in cu… . Il diritto di essere vigliacchi e falsari non lo riconosco a nessuno.