Non intendo scrivere solo di Villa Rendano, perché per le occasioni di commentare o descrivere le positività e le criticità, anche gravi, di Cosenza e della sua area urbana non manca materia.
Tuttavia già nel titolo “Villa Rendano è un problema della città” ribadisco un convincimento in parte già espresso.
È facile e soprattutto comodo per chi alloggia nell’area del potere, amministrativo, politico, economico, sociale togliersi di impaccio ignorando il problema e al massimo registrarlo come una piccola lotta di potere tra due Pellegrini (l’omonimia confonde ma aiuta al tempo stesso), Franco, quello che “avrebbe perso”, e Walter che avrebbe vinto.
Al momento non ci sono né vincitori né vinti e comunque vada a finire non saranno loro due o a salire su un piedistallo o a mordere la polvere.
E la conclusione di una vicenda che non sarebbe mai dovuta nascere soprattutto rompendo un rapporto fiduciario e un comune obbligo nei confronti di un progetto, per alcuni aspetti visionario, quale è la creazione di una Fondazione il cui fine, ridotto all’essenziale, era di donare patrimonio e opportunità alla città che è amata soprattutto da coloro che nativi se ne sono allontanati da tempo.
Mi è capitato infinite volte di sentire dalla viva voce dei cosentini parole severe, dolenti, ma aspre sulla loro città. Credo che non sia un fenomeno marginale e forse qualcuno – sociologi, antropologi, uomini di intelletto e cultura – dovrebbero spiegarlo, anziché dedicarsi alle immaginifiche teorie che non servono a nulla, salvo che ad aiutare la scalata nella carriera specie universitaria (ovviamente con altri ingredienti aggiuntivi).
I cosentini sono severi con la propria città, non tutta ma una buona parte sì, e non mi riferisco solo a critiche circoscritte a specifici ambienti, la politica profondamente disistimata, le elites che dovrebbero essere gramscianamente i costruttori di progresso e di benessere per i cittadini, i “portatori di interessi”, gli stakeholders, che insieme con altri si camuffano in logge o loggette massoniche, deviate e non, che concorrono a formare una cappa di interessi che soffoca o condiziona la società civile.
Villa Rendano è nata in virtù di un sentimento d’amore ma anche con la ingenuità di chi ha creduto che la città tutta l’avrebbe apprezzata e difesa. In realtà la sua storia decennale è stata segnata soprattutto da inganni, impegno negato quando è stato richiesto a imprenditori e intellettuali perché il Progetto Villa Rendano, tutto da costruire, avrebbe dovuto essere il risultato di un lavoro condiviso e partecipato.
Salvo poche eccezioni nulla di simile è avvenuto. Ricordo una mia lettera, ingenua quanto la donazione di Sergio Giuliani, inviata dopo avere realizzato con Consentia Itinera, che non ho mai inteso essere solo un museo multimediale – la scelta è stata della sua brava ed entusiasta direttrice Anna Cipparrone – ma le fondamenta di un progetto identitario della città che non può non fondarsi sulla sua storia, peraltro ricca e non comune.
I destinatari della mail erano cinque imprenditori importanti. Chiedevo loro di incontrarci perché un progetto in cui tutti o molti si sentano coinvolti, non nasce con la bacchetta magica e tanto meno con il piglio monocratico del sottoscritto. Ho avuto la dabbenaggine di fare un cenno alla possibilità, non l’obbligo, di concorrere alla realizzazione del progetto identitario, cioè un percorso suggestivo e rigoroso ad un tempo nella storia ma anche nella realtà fisica del borgo antico, eventualmente con un contributo economico.
Risposta? Nessuna, fatta parziale eccezione per il proprietario della più nota gioielleria di Cosenza.
Mi colpì cosa mi fu detto dalla segreteria di un top manager di una società con profilo internazionale: “per la pubblicità abbiamo esaurito il budget, provi a telefonare il prossimo anno”.
Ora ho diretto una Direzione centrale delle FS che tra le sue attività aveva anche quella della gestione pubblicitaria, attiva o passiva.
Non mi è mai passato per la mente che potessi io per rispetto alla funzione (sul piano personale quando necessario ho fatto centinaia di pacchi) sollecitare passando per la segreteria né pubblicità né finanziamenti.
Allora avrei dovuto capire che Sergio era stato generoso e ingenuo, io da parte mia lo stesso perché non ho impegnato risorse economiche che non possedevo ma ho messo in campo tutta la mia professionalità e la mia esperienza multisettoriale che fanno di me, senza menarne vanto, il cofondatore della Fondazione Giuliani.
Ora, se questo è vero, il cofondatore non un funzionario sia pure di livello alto non può essere “licenziato”, come pure è accaduto il 30 maggio, perché ciò si risolve non in generico cambio di governance, ma nello stravolgimento della volontà che ha manifestato Sergio donando diversi milioni di euro – a Cosenza il verbo donare è poco usato, preferendo di gran lunga il verbo ricevere – e nella cancellazione, momentanea nelle mie previsioni degli impegni già mantenuti con buoni risultati dato il contesto e di quelli che ho l’obbligo di realizzare perché questa era l’obbligazione che legava me e Sergio Giuliani.
Siccome anche le tragedie (e vivaddio l’occupazione di Villa Rendano è un inedito e una grave anomalia, ma non una tragedia) scadono spesso nella farsa, anche questo è accaduto in questi mesi e addirittura in queste settimane.
È stata presentata un’altra citazione dopo aver replicato alle nostre con due memorie di comparizione e dopo aver imputato tutte le colpe del mondo, ovviamente smentite da documenti e verbali che bastava leggere senza inventare frottole, (colpe, aggiungo di cui mi sarei macchiato nell’anno o poco più che ho avuto la guida della Fondazione, tra l’altro programmando tutte le attività del 2022 a costo zero grazie all’impegno ovviamente disconosciuto e punito (punito operando contro la Legge) della dott.ssa Cipparrone che per la prima volta ha vinto bandi di gara nazionali e regionali per un importo di centinaia di migliaia di euro in partnership con Soggetti e istituzioni culturali e museali prestigiose.
Ora la colpa imperdonabile è stata aver fondato e diretto il giornale on line più apprezzato e seguito e con risultati insperati che nella visione diciamo “strabica” di Walter Pellegrini è stata un danno per la Fondazione e in quanto tale comporta che paghi di tasca mia € 269.000,00! Siamo su scherzi a parte, ma a parte la fatica di scrivere una memoria di risposta che ho preparato in poche ore e aggiungere altri soldi miei, non della Fondazione, la vera domanda che mi pongo e pongo alla città, dal Sindaco in giù, è la seguente: lo scandalo, perché tale è la vicenda di Villa Rendano con il suo seguito legale, è un problema mio personale sapendo che per ragioni di età mai più potrò occuparmi della Fondazione o è un problema della città che rischia di uscire con molte macchie da questa storiaccia? ICalabresi ora in mano a valenti miei colleghi è stato un danno per la città o per certi ambienti che non amano essere infastiditi? Da questo punto di vista una notiziola: I nuovi Calabresi con solo sette articoli a mia firma che hanno trattato di temi non banali e corrivi ha avuto 15.000 lettori quasi tutti nell’area urbana cosentina.
Ora, per silenziarmi definitivamente a quale mercenario si farà ricorso?
Si presentino i candidati interessati ai possibili e potenziali mandanti.
2 Comments
Il problema di Villa Rendano e’ della citta’ che gli amministratori dovrebbero risolvere essendo un patrimonio storico culturale.😌
Ok. Grazie.