Ciò che mi convinse a guardare con interesse e favore Carlo Calenda, poi nel tempo scemato, fu la franchezza, talora brutale, con cui rendeva noto il suo pensiero su fatti e persone della politica in particolare.
Mi limito a ricordare quanto disse in TV nella trasmissione L’Onda condotta da Concita De Gregorio nel 2021: “Il 50% dei giovani italiani non legge un libro in un anno, il 70% al Sud, ma nel 70% delle case c’è una Play Station. Alla fine del secondo ciclo di studio, il 44% degli italiani è giudicato impreparato dai parametri europei. Non gliene frega niente a nessuno, è una tragedia: noi siamo il Paese più ignorante d’Europa. Le persone non capiscono che siccome se ne vanno 131 mila giovani all’anno non pagheremo il servizio sanitario né le pensioni”.
Tutti sanno che se un Paese, com’era l’Italia negli anni ’50, vuole emanciparsi per quanto possibile dall’arretratezza e dalla miseria il primo passo da compiere è quello di aggredire l’ignoranza, l’analfabetismo, che è il marchio genetico degli ultimi della società.
I meno giovani ricordano le trasmissioni televisive del maestro Manzi che insegnò a leggere e a scrivere a centinaia di migliaia di persone. Non fu una piccola cosa e quell’iniziativa ci ricorda che la RAI per molto tempo è stata un’indispensabile protagonista della modernizzazione italiana.
Ora è facile parlarne male, il poco di buono che resiste come Report, una delle migliori esperienze di giornalismo di inchiesta, non basta a promuoverla, ma se oggi abbiamo la versione “meloniana” bisogna non dimenticare che abbiamo avuto quella craxiana, quella andreottiana, quella berlingueriana affidata più prudentemente a Curzi, Direttore del TG3 ed altro ancora.
Oggi incalzata dalla TV berlusconiana, oltre che dalla voglia di dare spazio ai propri protetti, nessuno fa “servizio pubblico” e la valorizzazione della cultura per pochi eletti è stata messa nelle ore notturne a favore degli insonni.
Ma a conferma che tutto cambi perché nulla cambi Bruno Vespa, che piace a tutto l’arco politico perché bravo com’è si fa concavo e convesso alla bisogna, ci rassicura dall’alto della sua condizione di pensionato ultraottantenne. E Augias a 87 anni si trasferisce a La7 che accoglie come martiri della politica tutti coloro che di politica hanno vissuto.
Ma torniamo alla nostra conclamata ignoranza e andiamo alla ricerca del “colpevole”, che in realtà è la ricerca dell’alibi per i tanti soggetti, delle istituzioni e della politica che hanno le colpe maggiori.
C’è una banale legge di mercato che vale per tutti i settori: nel sistema produttivo, nella Pubblica Amministrazione, nella Scuola e Università, nella Sanità. Chi ha un ruolo più importante, più necessario, più difficile da affidare a la qualunque, deve essere pagato e valorizzato di più. Agli insegnanti si chiede di essere polivalenti, produttori e diffusori di conoscenza, psicologi del singolo e della società, materni e paterni come succedanei delle famiglie, un po’ custodi della legge (controllo di chi si fa spinelli) ma se osano uscire dall’anonimato ed esercitare il loro diritto di pronunciare parole libere e fondate, che non piacciono di solito, allora si invocano punizioni, ispezioni, pubbliche crocifissioni. Accade ovunque ed è accaduto anche a Cosenza con il socialista (?) libertario Sindaco Caruso.
E il giorno dello stipendio misurano di quanta considerazione godano da parte del datore di lavoro che “conta” per ogni emergenza su di loro.
Lo stesso alla Sanità: da eroi, veri eroi con molte vittime, medici e paramedici passano dalle stelle alle stalle. Stipendi bassi, turni senza orari – i malati non lo sono per 8 ore compreso l’intervallo pranzo – pensioni tagliate, aggressioni quotidiane da parte di parenti esagitati perché il loro caro, come capita, è diventato un “caro estinto”.
Vi risparmio il ricordo del Ministro Tremonti, di solito persona sobria (nel senso di non alcolista), che afferma che di “cultura non si campa”.
Lo dica ai Direttori dei Musei che sono visitati da milioni di persone, lo dica ai ricercatori che tengono in piedi le varie discipline, lo dica ai Direttori delle grandi Biblioteche e degli Archivi che custodiscono la memoria del nostro passato.
Quindi in sintesi: di cultura in senso lato non si mangia, ma di ignoranza si muore; professionisti qualificati negli ospedali e nella pubblica amministrazione servono come il pane, ma li si paga poco e li si elogia solo se c’è un Covid in giro.
Il sospetto più che fondato è che l’ignoranza, che si porta appresso il conformismo, il servilismo, e tutti gli ismi del vocabolario, non è un male da aggredire ma per molti, di solito ai vertici delle varie branche del potere, un valore da custodire, una specie di polizza assicurativa per la loro carriera e per la loro intangibilità.
L’ignorante o il cretino è inutile alla società, ma è utilissimo ad altri ignoranti e incompetenti che danno la caccia, non per assumerli, ma per farli fuori a quelli che il cervello ce l’hanno e lo mantengono in efficienza proprio con la cultura.